di Brunello Montelli
Anche i contadini volevano il socialismo, ma era un socialismo ben diverso da quello dei bolscevichi. Valeva per gli insorti di Tambov, ma anche per gli altri sollevamenti a base contadina esplosi, dal 1918 in poi, intrecciandosi alla guerra civile tra “rossi” e “bianchi”. Tra essi la rivolta dell’Esercito rivoluzionario insurrezionale d’Ucraina, guidato da Nestor Ivanovič Machno
A Sud di Mosca, ad Ovest di Kursk, ad Est di Samara ed a Nord di Tsaritsin (dal 1925 Stalingrado), zona di produzione cerealicola e dal tenore relativamente elevato, il governatorato di Tambov (tre milioni di abitanti nel 1906) fu teatro, tra il 1920 ed il 1922, di una grande insurrezione contadina, che arrivò a disporre di un esercito di 50.000 uomini. Causa scatenante furono le requisizioni alimentari decise dal governo bolscevico durante il “comunismo di guerra”, finalizzate a garantire il sostentamento alle città e all’Armata Rossa impegnata nella guerra civile contro i Bianchi. Alle famiglie contadine rimaneva il 10% del raccolto, con cui sostenersi, nutrire il bestiame e seminare l’anno successivo. Il bolscevico Vladimir Alexandrovič Antonov-Ovsejenko, responsabile degli approvvigionamenti, avrebbe notato che una famiglia contadina su due era ridotta alla fame. Come in tutte le campagne, nel distretto di Tambov la presenza bolscevica era debole se non nulla; l’unica rete militante erano i socialisti rivoluzionari. Sebbene, come scrisse Antonov-Ovsejenko, “si fossero abituati a vedere il governo sovietico come qualcosa di estraneo, che non faceva altro che dare ordini, che amministrava con grande zelo ma poco senso economico”, atteggiamento comune all’epoca tra le masse contadine europee, anche nel distretto di Tambov avevano visto con favore la rivoluzione d’Ottobre, che, con il decreto sulla terra, scritto da Lenin, approvato il 26 ottobre / 8 novembre 1917 dal Congresso panrusso dei soviet, e pubblicato sulle “Izvestija”, legalizzava l’espropriazione senza indennizzo delle proprietà fondiarie dei grandi proprietari, delle chiese e del demanio pubblico.
Proprio il contrasto tra la concessione di un obiettivo agognato dai contadini, punto qualificante del programma dei socialisti rivoluzionari poi fatto proprio, con un capovolgimento delle posizioni, da parte di Lenin e dei bolscevichi, e il successivo prelievo forzoso di gran parte del raccolto, accompagnato, come accade quando vien meno il monopolio statuale della forza nell’intreccio di rivoluzione. guerra civile e lotte sociali, da confische ben oltre i mandati e da violenze verso chi si opponesse, determinò una crisi verticale nel rapporto tra contadini e potere bolscevico. I ribelli di Tambov organizzano le proprie milizie secondo il modello dell’Armata Rossa, in cui non pochi avevano prestato servizio: in ogni reparto al comandante si affiancava il commissario politico. I loro simboli sono gli stessi della rivoluzione d’Ottobre, bandiera rossa compresa. Come scrisse Andrea Graziosi, anche i contadini volevano il socialismo, ma era un socialismo ben diverso da quello dei bolscevichi. Valeva per gli insorti di Tambov, ma anche per gli altri sollevamenti a base contadina esplosi, dal 1918 in poi, intrecciandosi alla guerra civile tra “rossi” e “bianchi” nella Repubblica socialista federativa sovietica russa (RSFSR, 1917-1922). Tra essi la rivolta dell’Esercito rivoluzionario insurrezionale d’Ucraina, guidato da Nestor Ivanovič Machno, dal 1918 al 1921, talvolta alleato, talvolta ostile ai bolscevichi ma con una prospettiva radicalmente diversa dalla loro. Come a Tambov, dove accanto a milizie armate fu creata l’“Unione dei contadini lavoratori”, e come a Kronstadt (febbraio – marzo 1921), dove i marinai erano in larga parte figli di contadini, l’idea di socialismo che muoveva i seguaci di Machno vedeva comunità autonome, capaci di autogovernarsi e di rapportarsi reciprocamente. Gli insorti di Kronstadt si erano scelti come motto: “Tutto il potere ai soviet. Nessun potere al partito”, il programma dell’“Unione” di Tambov proponeva la radicale democratizzazione dello Stato, l’assemblea costituente, lo sviluppo della riforma agraria e il controllo pubblico sulle attività industriali.
Anche qui veniva in primo piano la contraddizione tra promesse dei bolscevichi e realtà del loro esercizio del potere, con una chiara idea di capovolgere il rapporto storico città-campagna, che era esattamente il contrario di quello che i bolscevichi volevano. In questo conflitto strutturale tra città e campagna a pagare il prezzo più salato sarebbero state le minoranze, urbane e non, quali gli ebrei e in Ucraina gli anabattisti mennoniti, vittime delle violenze messe in atto da tutte le parti in lotta. La sconfitta dei bianchi di Wrangel da un lato, la conclusione della guerra tra la ricostituita Polonia e la FSFSR (pace di Riga, 18 marzo 1921), mette il potere bolscevico in condizione di lanciare l’Armata Rossa contro le milizie contadine di Tambov. Michail Nikolajevič Tuchačevskij, il generale che ne guida i reparti, sgomina gli insorti, servendosi anche di armi chimiche. Circa 15.000 gli uccisi, pressoché 100.000 sarebbero finiti in GULag, dove avrebbero trovato anche non pochi ex ribelli di Kronstadt. Nonostante qualche tentativo da parte di Nikolaj Ivanovič Bucharin di trovare punti d’incontro con gli insorti, il potere centrale non intraprese con loro alcuna trattativa, anzi ne approfittò per colpire duramente i socialisti rivoluzionari, per altro dissociatisi dalla rivolta, anche se i vertici bolscevichi erano del tutto consapevoli che l’insurrezione fosse spontanea.
Senza le rivolte contadine, con ogni probabilità, non sarebbero però state decise dal centro bolscevico la fine del comunismo di guerra e il passaggio alla Nuova Politica Economica (NEP). Se la NEP avrebbe garantito alcuni anni di tregua tra i contadini ed il Partito Comunista Russo (bolscevico), dal 1925 Partito Comunista di tutta l’Unione (bolscevico), non sarebbe stata sufficiente a ricostruire il rapporto di fiducia tra contadini e bolscevichi creatosi subito dopo la rivoluzione d’Ottobre. Le successive campagne di dekulakizzazione avrebbero riaperto il conflitto, tanto da caratterizzare l’URSS come Stato segnato da una guerra sociale (talvolta civile) strisciante conclusasi solo con la Grande Guerra Patriottica 1941-1945.
FOTO Aldo Bressi, Torre di Ruggiero (CZ), anni ’80

