I sondaggi dal voto umano

I sondaggi dal voto umano

Gli americani hanno scelto. La loro intenzione di voto faceva capolino nelle dichiarazioni raccolte, ma allora la verità di quella intenzione era solo immaginaria. A meno di sostenere che i sondaggi rivelati abbiano da sempre orientato i votanti; che altrimenti avremmo solo scoperto, come portandoli da Marte sul pianeta terra. Perché va detto che non…

di Michele Ambrogio

Gli istituti per la rilevazione statistica del voto alle presidenziali negli USA, poche settimane prima della elezione, hanno pubblicato le loro proiezioni. Risultati virtuali, a cui siamo abituati. Stavolta però hanno accompagnato questa pubblicazione con altri report, che correggevano le vere dichiarazioni di voto con il margine di errore registrato in contesti analoghi precedenti. Il risultato ottenuto sarebbe stato capace di scoprire la verità nascosta nelle dichiarazioni di voto dei parlanti. Un errore anticipato quindi, per correggere una prevedibile imprecisione o la menzogna degli intervistati.

Un caso, questo, che rende l’operazione descritta prossima a quel saltare tra la lettera e il testo che J. Lacan ha individuato come proprietà solidale a ogni discorso umano; un qualcosa, un “significante”, che “rappresenta un soggetto presso un altro significante”.

Un’operazione che produce un soggetto, un’istanza di significazione (senza oggetto) che si realizzerà a posteriori come effetto, come un derivato della parola data in un contesto aleatorio. Questo tema è uno dei passaggi più difficili dei seminari di Lacan, ed è a mio modesto avviso anche uno dei motivi del suo interesse per uscire dalle secche di una contrapposizione infruttuosa tra positivismo ingenuo e relativismo postmodernista.

Lacan, usando il termine fantasma, rischia di portarci fuori strada, come se si trattasse di allucinare la realtà. Quando invece la stiamo costruendo disgregando ciò che nella percezione sensibile è un continuum. Per “immaginare” (devo questa lettura esplicativa a Zizek) si intende immaginare un oggetto particolare senza il suo corpo, un colore senza forma, una forma senza corpo. È questo il lavoro del negativo, lo stesso di cui scrive Hegel nella Filosofia dello spirito jenese: “L’uomo è questa notte, questo puro nulla, che tutto racchiude nella sua semplicità – una ricchezza senza fine di innumerevoli rappresentazioni e immagini, delle quali nessuna gli sta di fronte o che non sono in quanto presenti. Ciò che qui esiste è la notte, l’interno della natura – un puro Sé”.

Questa dissoluzione e riproduzione di un corpo che si ricompone in una qualche integrità ideale (la volontà degli elettori, la patria, il partito…) sta stretta nello schema di una società civile e, dall’altra parte, lo Stato.

Lo “sentiva” Althusser e cercava di carpirlo dai report dei seminari di Lacan, a cui deve il suo concetto di “interpellanza”. È il fantasma che Lacan posiziona come funzione dell’immaginario ad anticipare le sintesi discorsive. È questo nesso non epidermico, che oggi stiamo già provando su larga scala, ciò che avvicina gli algoritmi della rete ai social. Un legame sociale che fa apparire irreali le tradizionali forme di democrazia rappresentativa.

Questo legame non è qualcosa di là da venire, magari frutto di un dominio dell’Intelligenza Artificiale, perché è intrinseco al legame costituito dalla lingua e la scrittura della realtà, condivisa e messa in circolo, dei corpi. Così ritorno al caso delle elezioni del presidente americano per volontà del popolo sovrano. Gli americani hanno scelto. La loro intenzione di voto faceva capolino nelle dichiarazioni raccolte, ma allora la verità di quella intenzione era solo immaginaria. A meno di sostenere che i sondaggi rivelati abbiano da sempre orientato i votanti; che altrimenti avremmo solo scoperto, come portandoli da Marte sul pianeta terra.

Perché va detto che non esiste mai un’intenzione pura, senza condizionamenti e fantasmi. Schematismi trascendentali, che non obbligano se non, appunto, a dover scegliere dentro una qualche cornice. Come le categorie kantiane, o quelle dei motori di ricerca sui siti pornografici. Campi definiti da una qualche esclusione e segni processati da programmi.

Con il risultato di produrre una realtà che sarà tutt’altro che “solo” virtuale. Se così non fosse sarebbe una verità tautologica o un universo immaginario parallelo. Banalmente invece qualcosa è accaduto ed accade. Ininterrottamente, o quasi. Il che ci restituisce, ancora per un pochino, un senso da dare al voto reale. Una stazione contabile interrompe il flusso e lo traduce in un effetto, impuro perché isolato dalla sua falsificabilità di principio. Banale dire a questo punto che un voto reale è quello vero, distinguendolo dai sondaggi. Come aggiungere che ogni vera elezione – come ogni evento che si rispetti – non rispecchia esattamente la sua anticipazione. Esattamente come le previsioni meteo o il calcolo delle probabilità nella fisica delle particelle subatomiche.

Il segno che marca l’oggetto non padroneggia il contesto, quello in cui ci si chiederà perché o come. Il suo oggetto reale ci sfugge, imbucandosi o smentendoci, ma dalla sua negazione emergerà una verità fattuale. La realtà. Una perfetta coincidenza tra previsione (o discorso) e reale (i fatti e la verità, tutta e nient’altro) sarebbe un indizio di delirio psicotico. È proprio l’indeterminatezza del processo di significazione a promuovere l’algoritmo e la sua efficacia dentro i limiti di un discorso. È una struttura, quella che ci assoggetta ad una qualche manciata di regole e pezzi staccati.

In questa struttura, sto usando Lacan portandolo forse al limite di un fuori campo, mi serve Uno (il Padrone), di cui immagino la consistenza (nel caso del voto stiamo inventando un risultato che non esisteva prima, ma che dopo non sarà più virtuale) per fondare una performance che ribalti il meno di significato in un di più di significante. Uno che dica una sorta di “Sarà fatto, te lo prometto”. L’altro, gli americani senza la A maiuscola, sceglieranno il loro presidente, e in cambio avranno un corpo. Perché sono stati promossi ad un soggetto di enunciazione.

Allora, solo allora, saranno un soggetto collettivo e avranno detto qualcosa. Quando diremo che hanno scelto uno e non altri, bucando il codice che li ha iscritti. Tutte le elezioni sono in questo senso truccate, tutte le rivoluzioni mancate o i vangeli apocrifi. È questo a mio parere anche il tratto che definisce il feticcio della merce in Marx. Ma questa, come in ogni saga, è un’altra storia.