di Leonardo Lippolis
Donec’k, una città che conta quasi un milione di abitanti, è il capoluogo dell’oblast del Donbass, la cui annessione, insieme a quello di Luhansk, sono i due obiettivi dichiarati dell’invasione dell’Ucraina cominciata da Vladimir Putin nel febbraio 2022. Le origini di Donec’k vanno cercate in Galles, dove, ai primordi della seconda rivoluzione industriale, il brillante imprenditore John Hughes, originario della cittadina mineraria di Merthyr Tydfil, conduceva una florida industria specializzata nella produzione di armature navali per la marina britannica. Trasferitosi a Londra, Hughes fu messo a capo della Millwall Iron Works Company, la quale, nel 1868, nonostante la competizione belligerante tra la Russia zarista e l’Impero britannico per le rispettive mire imperialiste sull’Asia centrale, ricevette una commissione dallo zar Alessandro II, interessato a produrre armamenti per la nuova fortezza navale di Kronstadt sul Baltico. L’ambizioso Hughes, invitato a costruire un insediamento industriale direttamente sul territorio russo, accettò e nel 1869 acquistò un pezzo di terra a nord del mare di Azov, in una zona ricca di carbone. Dopo aver fondato la “New Russia Company Ltd” Hughes, nell’estate del 1870, partì per la Russia. Imbarcando il materiale necessario ad aprire l’insediamento e un centinaio di minatori gallesi a bordo di otto navi, con un’impresa degna del Fitzcarraldo di Herzog, salpò dalle coste del Galles del sud, solcando l’Oceano Atlantico, il Mediterraneo e il Mar Nero prima di approdare sulle coste del mare di Azov.
Installatosi vicino al piccolo fiume Kalmius, nel giro di due anni, attorno a quelle miniere di carbone che agli operai ricordavano quelle della madrepatria, il team guidato da Hughes costruì un complesso industriale autosufficiente con ben otto altoforni e, nel giro di due decenni, un’intera città, ribattezzata in suo onore Hughesovka (in russo Yuzovka perché i russi storpiavano Hughes in Yuz), comprendente un ospedale, scuole, chiese anglicane, una chiesa ortodossa per gli operai russi che cominciarono ad affollare la città e una sinagoga per i numerosi ebrei della zona, nonché svariate sale da the, birrerie e negozi all’ingrosso di vodka. In linea con lo spirito imprenditoriale paternalistico dell’epoca, Hughes istituì anche norme parasindacali, come risarcimenti per gli infortuni sul lavoro e lavori leggeri per vedove di operai e lavoratori feriti. Alla sua morte, nel 1889, Hughesovka contava già 50.000 abitanti, tra emigranti gallesi e popolazione autoctona, ed era ormai lanciata come uno dei centri industriali più floridi della Russia. Allo scoppio della rivoluzione bolscevica, la collettivizzazione forzata spinse i figli di Hughes che gli erano succeduti e quasi tutti i cittadini britannici ad abbandonare la città per tornare in patria. Sotto i bolscevichi, Hughesovka divenne un centro di produzione dell’acciaio, tanto che nel 1924 venne ribattezzata Stalino e lì, nel 1930, Dziga Vertov girò le scene principali di Entusiasmo. Sinfonia del Donbass, un film di propaganda concepito per esaltare i risultati del primo piano quinquennale lanciato da Stalin due anni prima. La città fondata dagli eredi della rivoluzione industriale inglese era diventata il simbolo dell’industrializzazione forzata imposta dal Partito in nome della dittatura del proletariato: le fabbriche lavoravano a pieno regime sotto i fumi delle ciminiere mentre l’operaio sovietico imparava a conoscere l’alienazione della catena di montaggio importata, questa sì con entusiasmo, dal capitalismo occidentale. Pochi anni dopo, tra il 1937 e il 1940, in una Yuzovka dei primi anni del Novecento, Vassilij Grossman ambientò Stepan Kol’cugin, uno dei suoi primi romanzi in cui narrava l’evoluzione di un giovane operaio di un villaggio di minatori a bolscevico rivoluzionario. Grossman in quel momento era ancora fedele al Partito e lo rimarrà, seguendo da corrispondente di guerra l’Armata Rossa durante tutta la seconda guerra mondiale, fino a quando Stalin rifiutò di pubblicare la sua inchiesta (il Libro nero) sullo sterminio degli ebrei condotto dai nazisti nei territori sovietici (solo a Stalino, dalle sue fosse comuni, si calcola che nel 1942 vennero uccisi tra i 15000 e i 21000 ebrei). La persecuzione di cui divenne oggetto portò Grossman prima al rifiuto dello stalinismo e poi a riflettere sulla sua continuità con il bolscevismo, temi che espresse nei suoi capolavori Vita e destino e Tutto scorre. Anche il giovane Nikita Kruscev studiò a Stalino e nel 1956, nell’anno in cui denunciò i crimini di Stalin, durante un viaggio in Inghilterra, affermò: “Mio padre ha lavorato in una miniera vicino alla fabbrica metallurgica di Hughesovka che un tempo appartenne al gallese John Hughes”. Rasa al suolo dai nazisti durante l’Operazione Barbarossa e ricostruita nel dopoguerra, nel 1961 la città cambiò il proprio nome nell’attuale Donec’k fino a quando il crollo dell’Unione sovietica la fece tornare a far parte della rinata Ucraina. Il resto è storia recente.
Nel 2014 il gruppo rock gallese dei Manic Street Preachers, fondato appena due anni dopo il grande sciopero dei minatori del 1984 e di dichiarate tendenze socialiste, dedicava a Hughesovka la canzone Dreaming a City. Contemporaneamente, mentre la Crimea veniva annessa alla Russia e Donec’k diventava la capitale dell’autoproclamata e omonima repubblica popolare, alcuni abitanti della città lanciarono on line un appello provocatorio per indire un referendum che chiedesse l’annessione di Donec’k al Regno Unito: “Abitanti di Donec’k! Fratelli inglesi! Il momento decisivo è giunto! … Noi reclamiamo un referendum per il ritorno di Yuzovka alla sua origine storica come parte del Regno Unito! Gloria a John Hughes e alla sua città! God Save the Queen!”. Come diceva Italo Calvino, “di una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una domanda”. Donec’k con la sua breve ma intensa storia ne solleva molte.
FOTO: Aida Bressi, Damasco, 2007

