di Giuseppe Cocco
Quasi come in una inquietante ripetizione storica, gli anni ’20 del nuovo secolo sono teatro di tensioni politiche e geopolitiche che ci fanno ricordare i sismi del XX secolo: l’irresistibile emergere dei totalitarismi, pandemie e, ora, guerre su larga scala.
Le istituzioni democratiche sono sempre più minacciate. Ma come difenderle? La sensazione è che nessuno abbia ancora trovato la risposta. Forse l’enigma risiede nel fatto che, per difendere la democrazia, abbiamo bisogno che essa ritrovi la sua potenza rivoluzionaria.
La liberazione della moneta
Curiosamente, è proprio in relazione alle innovazioni monetarie che la storia ci offre preziosi insegnamenti per rivedere il concetto di rivoluzione. Si tratta della prima grande sospensione della convertibilità della sterlina inglese in oro.
Tutto è avvenuto in un fine settimana di febbraio del 1797, a Londra. Nel pomeriggio di sabato 25, re Giorgio III ricevette una richiesta senza precedenti. Il primo ministro William Pitt il Giovane chiese una riunione urgente del Privy Council. Era necessario prendere decisioni importanti di fronte a due minacce incrociate: una militare, legata alla guerra contro la Francia rivoluzionaria, e una finanziaria, poiché mancava l’oro necessario per sostenere lo sforzo bellico. Nel pomeriggio di domenica 26, dopo ore di deliberazione, il Privy Council prese una decisione che costituì una vera e propria svolta: la convertibilità delle banconote in oro fu integralmente sospesa. Da lunedì 27 febbraio 1797, il denaro britannico non era più coperto dall’oro e si presentava esplicitamente come un gettone di credito. Le banconote erano ora puro Fiat Money, sostenute solo dalla promessa dello Stato: fiducia circolante [Stefan Eich, The Currency of Politics. Princeton, New Jersey, 2022].
Molti si aspettavano una catastrofe. Solo tre settimane prima, il 4 febbraio 1797, l’esperienza monetaria della Rivoluzione francese – gli assignats – aveva raggiunto una fine disastrosa. Le banconote avevano perso tutto il loro valore nella spirale inflazionistica e si erano completamente sgretolate. “Così terminava la storia della cartamoneta rivoluzionaria”. Ma la sospensione britannica fu un successo monetario che permise al paese di resistere alla minaccia militare francese.
Perché la moneta rivoluzionaria francese (gli assignats) fallì mentre la misura britannica (il Fiat Money) ebbe successo? In effetti, le due monete sono completamente diverse. Paradossalmente, il regime rivoluzionario non osò fare ciò che il regime monarchico-costituzionale fece di fronte alla minaccia esistenziale. Gli assignats non rompevano con l’idea che la moneta avesse bisogno di un valore sottostante materiale, ma lo spostavano semplicemente dal metallo prezioso alle terre confiscate alla Chiesa. Al contrario, le banconote inglesi ruppero definitivamente i legami con qualsiasi valore sottostante e non solo con il metallo: non misero nulla al posto del metallo, se non il credito pubblico nello sforzo nazionale contro gli invasori.
Questo getta nuova luce sulle divisioni in termini di filosofia politica. Edmund Burke è considerato l’autore del “breviario (…) di tutto il pensiero controrivoluzionario: difesa delle istituzioni ereditate dal passato più remoto e lentamente adattate all’evoluzione delle esigenze” [Louis Bergeron et Marcel Roncayolo, Le monde et son histoire. Les revolutions européennes et le partage du monde. XVIII siècle et XIX siècle. Le monde contemporain, R. Laffont, Paris, 1972]. C’è un altro modo di leggere Burke, così come Jean-François Kervégan suggerisce una serie di sfumature nel modo di comprendere la difesa della proprietà sostenuta da John Locke. Mentre, basandosi sulla lettura di C.B. McPherson, si è visto nella “promozione della proprietà a categoria di diritto naturale fondamentale, il segno che il pensiero di Locke (…) partecipa a una nuova comprensione del mondo umano e delle pratiche sociali che richiedevano lo sviluppo della società ‘borghese’, basata sul libero scambio e sulla produzione capitalistica”, lavori recenti indicano altre prospettive [“Os direitos humanos”, in Alain Boyer, Jean-François Kervégan, Laurent Jaffro, Martine Pécharman, Ensaios de filosofia política (1995), tradução do francês de Fulvia Moretto, Unisinos, 1998]. Basandosi sulla lettura di J. Tully [Locke. Droit naturel et propriété, PUF, Paris, 1992], Kervégan spiega che “il diritto di proprietà, se comprovato dall’uso e dal lavoro, si basa per Locke (…) sul dovere che la legge naturale richiede a ciascuno di proteggere la propria vita”.
Come Locke, Burke capisce che il denaro è una convenzione e che ciò dipende dalla fiducia e dalla fede. Ma, mentre Locke concludeva da ciò la necessità di un legame irrevocabile tra denaro e metallo come mezzo per stabilizzare la sua incertezza semantica, Burke scommetteva su mezzi più flessibili per sostenere la fiducia e la stabilità. La sua fede nel diritto consuetudinario gli permette una posizione molto più audace e innovativa.
La critica di Burke appare sotto un’altra luce: creando cartamoneta basata sulla confisca, la Rivoluzione Francese non solo non ruppe il legame con il valore materiale, ma soprattutto distrusse la fiducia, cioè il credito, che intendeva costruire. Gli assignats sono una moneta cattiva perché la loro emissione “distrugge la fede nel credito”.
Come abbiamo detto, per difendere la democrazia, dobbiamo tornare a discutere di rivoluzione. Ma cosa intendiamo per rivoluzione? L’innovazione monetaria del 1797 in Inghilterra è uno degli eventi in cui la rivoluzione sembra essere immanente ai processi sociali di fondazione democratica. Più che di rivoluzione, forse dobbiamo parlare di evoluzione e delle sue accelerazioni e biforcazioni.
FOTO: Aida Bressi, p.zza Gae Aulenti, Milano, 2022

