di Gianluca Cicinelli
Per decenni, la povertà è stata raccontata come un fenomeno che divideva il mondo tra Nord e Sud: da una parte i paesi sviluppati con economie avanzate e sistemi di welfare consolidati, dall’altra le nazioni in via di sviluppo segnate da sottosviluppo e sfruttamento. Questa narrazione oggi è superata. La povertà non è più una questione di sviluppo nazionale, ma di accesso o esclusione dai circuiti finanziari globali. La crescente disuguaglianza economica non segue più una logica geografica tra paesi ricchi e paesi poveri, ma si manifesta come una frattura interna alle singole nazioni, con il capitale che si concentra in aree specifiche, mentre il resto della popolazione si impoverisce.
L’Occidente assiste a un’erosione della classe media e a una crescita del lavoro povero, mentre in Asia e in Africa si stanno sviluppando isole di ricchezza accanto a vastissime aree di esclusione. La gig economy è uno dei settori più rappresentativi di questa trasformazione. I lavoratori delle piattaforme digitali (Uber, Amazon, Deliveroo) non sono considerati dipendenti, ma lavoratori autonomi senza alcuna tutela. Il capitalismo finanziario e la rivoluzione tecnologica stanno ridefinendo le dinamiche dello sfruttamento, creando una nuova classe di “esclusi” che non sono più nemmeno necessari al processo produttivo. In questo scenario, la povertà assume nuove forme, più difficili da contrastare con le politiche tradizionali.
Il declino della classe media in Occidente
Negli Stati Uniti e in Europa, la povertà non è più un fenomeno legato esclusivamente alla disoccupazione, ma colpisce anche chi ha un impiego. Il fenomeno dei working poor è ormai strutturale: milioni di persone lavorano a tempo pieno senza riuscire a mantenersi. Negli Stati Uniti, il tasso ufficiale di povertà nel 2023 era dell’11,1%, con 36,8 milioni di persone in condizioni di povertà, un dato in diminuzione rispetto all’anno precedente. Tuttavia, la povertà infantile ha subito un aumento significativo, passando dal 5,2% nel 2021 al 12,4% nel 2022 (U.S. Census Bureau, 2023). Inoltre, il 63% delle famiglie americane vive paycheck to paycheck, ovvero senza risparmi per affrontare imprevisti economici (PwC, 2023).
In Europa, la situazione non è migliore. Nel 2022, il 22% della popolazione dell’Unione Europea (95,3 milioni di persone) era a rischio povertà o esclusione sociale (Eurostat, 2023). L’Italia è uno dei paesi più colpiti: la povertà assoluta ha raggiunto il 7,5% della popolazione nel 2022, più del doppio rispetto al 2007 (ISTAT, 2023). arrivando al 9,6% nel 2023. In Gran Bretagna, oltre un milione di lavoratori è impiegato con contratti a zero ore, che non garantiscono alcun reddito minimo (ONS UK, 2023).
L’aumento del costo della vita, la precarizzazione del lavoro e il taglio al welfare stanno erodendo il ceto medio. Nel frattempo, le grandi aziende approfittano di un modello economico in cui lo Stato fornisce sussidi ai lavoratori malpagati, riducendo il peso salariale sulle imprese. Colossi come Amazon e McDonald’s negli Stati Uniti hanno migliaia di dipendenti che ricevono aiuti pubblici perché i loro stipendi sono troppo bassi per garantire la sussistenza (Brookings Institution, 2023).
Le isole di ricchezza nel Sud del mondo
Se in Occidente la povertà cresce, nei paesi emergenti si assiste a una dinamica apparentemente opposta: la crescita economica ha creato nuove élite urbane, ma ha accentuato le disuguaglianze interne. La Cina, che ha il maggior numero di miliardari al mondo (oltre 1.058, secondo la Hurun Global Rich List 2021), ospita ancora 600 milioni di persone che vivono con meno di 140 euro al mese, come dichiarato dallo stesso governo cinese nel 2020 (World Inequality Lab, 2024). L’India è ormai la quinta economia mondiale, ma l’1% più ricco possiede il 40,5% della ricchezza nazionale, mentre centinaia di milioni di persone vivono con meno di 2,15 dollari al giorno (Oxfam, 2024).
Anche in Africa si registrano trend simili. Il Sudafrica è una delle economie più avanzate del continente, ma il 10% più ricco possiede il 65% del reddito nazionale, evidenziando una forte disuguaglianza (World Inequality Report, 2018). Nell’Africa subsahariana, il 10% più ricco assorbe circa il 56% del reddito totale, mentre la popolazione delle periferie urbane cresce senza accesso ai servizi di base (Save the Children, 2023).
Il caso di Lagos, in Nigeria, è emblematico: è una delle città più dinamiche economicamente, ma ospita oltre 17 milioni di abitanti in insediamenti informali, senza accesso ad acqua potabile ed elettricità stabile (UN Habitat, 2023). La crescita economica non riduce automaticamente la povertà: quando è basata su modelli estrattivi e finanziari, la ricchezza si concentra in poche mani e la maggioranza della popolazione rimane esclusa.
Possibili scenari futuri
Se il capitalismo digitale ridefinisce lo sfruttamento, ridefinirà anche la resistenza. La frammentazione del lavoro rende difficile la nascita di movimenti organizzati, ma le proteste spontanee dei precari e le prime forme di sindacalizzazione globale della gig economy indicano che qualcosa si muove.
L’accesso ai dati e alla tecnologia diventa un nuovo campo di battaglia, con rivendicazioni che vanno dalla redistribuzione del controllo sugli algoritmi alla richiesta di un reddito di base universale, spostando la lotta dalle fabbriche alle politiche fiscali e redistributive.
Le nuove forme di conflitto includono boicottaggi digitali e scioperi algoritmici. Nel 2017, con la campagna #DeleteUber, milioni di utenti hanno cancellato l’app per protestare contro la strategia dell’azienda di aggirare uno sciopero dei tassisti di New York. Dal 2019, attivisti e lavoratori organizzano boicottaggi nei giorni di picco delle vendite su Amazon per denunciare lo sfruttamento nei magazzini.
Gli scioperi algoritmici sono tattiche con cui i lavoratori delle piattaforme manipolano gli algoritmi per ottenere condizioni migliori. Nel 2021, rider di Deliveroo, Glovo e Uber Eats in Italia, Spagna e America Latina hanno rifiutato consegne in momenti strategici, facendo aumentare le tariffe offerte. Nel 2023, gli attori di Hollywood hanno scioperato per chiedere garanzie contro l’uso improprio dell’intelligenza artificiale nel settore.
Queste nuove forme di lotta mostrano che la resistenza si adatta ai tempi. Il vero interrogativo è se i lavoratori precari e delle piattaforme riusciranno a costruire forme di resistenza collettiva, superando la logica dell’individualismo imposto dagli algoritmi, e se riusciranno a creare alleanze transnazionali capaci di contrastare le multinazionali del digitale.
FOTO: Norman Polselli, Cammino di Santiago, Ottobre 2021

