Quando l’Italia si scoprì divisa all’altezza di Roccaraso

Quando l’Italia si scoprì divisa all’altezza di Roccaraso

“Pure noi andavamo a Roccaraso nelle gite di un giorno con il pigiama sotto i vestiti perché sulla neve, che non avevamo mai visto ma la volevamo vedere, si diceva che faceva freddo. E pure allora i vomeresi, che negli anni Settanta e Ottanta avevano comprato le case, ci guardavano con quello sguardo di lesa…

di Ugo Maria Tassinari

Dalla curva giallorossa all’aula di Montecitorio è diventato un hashtag del ludibrio. Roccaraso ha mosso a gennaio dieci milioni di interazioni e trenta di visualizzazioni social. Lo spartiacque è il 26 gennaio quando il paese va in tilt per l’invasione di turisti. Ma non è colpa di Rita De Crescenzo né di Antony Sansone, i due influencer con un bacino ultraproletario, ma piuttosto di Greta. Ce lo spiega un social media analyst, Pierluigi Vitale, su «Fanpage».

Già il 4 gennaio un post su TikTok segnalava la ressa per arrivare a Roccaraso, con attese nel traffico di oltre tre ore. Nel post da oltre ottocentomila visualizzazioni non si vedono autobus. Roccaraso è forse l’unica stazione sciistica sopravvissuta al cambiamento climatico nel meridione. Se c’è neve è l’unico posto in cui abbia senso andare da tutto il sud.

Su facebook partono le promozioni di autobus da tutta la Campania per Roccaraso, con dieci date, a partire dal 25 gennaio. Uno il 7 gennaio tocca oltre duecentoventimila utenti. Già l’8 gennaio su social e testate specializzate monta l’indignazione per le condizioni di Campo Felice (cara al pubblico laziale) e Roccaraso (“venticinquemila accessi”), senza che il fenomeno avesse le etichette di “TikTok” e “napoletani”. Il primo post senza particolari appelli di De Crescenzo arriva il 20 gennaio. Lo stesso Sansone, eletto a rappresentante di tiktoker e organizzatori, il 10 gennaio propone autobus ma per il 2 febbraio. Dunque nulla a che vedere con la data incriminata.

TikTok non ha determinato la crisi ma ha innescato e disseminato il fomento, secondo il suo dispositivo che suscita al tempo stesso odio e affetto. Il contrasto moltiplica i numeri. A innescare l’escalation un fuoriclasse nell’uso scientifico e al tempo stesso feroce dei social, storico avversario di De Crescenzo e del suo network: Francesco Borrelli, il deputato verde che ha costruito le sue fortune come imprenditore politico della legalità, a partire dalle campagne in stile «Striscia la notizia» (fino ad attirarsi le mazzate dei suoi bersagli) contro i parcheggiatori abusivi e l’illegalità di strada. Con una rete di migliaia di informatori che gli segnalano di tutto e di più fungendo da moltiplicatore sociale. Dall’altra parte decine di migliaia di haters, espressione dei ceti colpiti dalle sue denunce ma anche qualche centinaio di persone mediamente colte e civili che ne contestano la sindrome securitaria. A ogni modo, se lo scontro Borrelli-De Crescenzo non c’azzecca con l’overbooking turistico a Roccaraso ci dice molto su una città ancora divisa, quattro secoli dopo Masaniello, tra lazzari e signori.

No, stesse tranquillo Aldo Cazzullo, non è la fine dell’Umanesimo. Non si preoccupasse Maurizio De Giovanni: non è peccato farsi piacere lo striscione della curva giallorossa, ma bocciare il turismo da social è rivelatorio di un posizionamento politico, da sinistra della Ztl, che non ci appartiene. E che non dovrebbe appartenere neanche a uno “scrittore impegnato”.

Diventa, così, paradigmatico lo scontro in tv a «L’Aria Che Tira» tra Borrelli e Sansone. David Parenzo si infuria con il tiktoker: “Le impedisco di usare la mia trasmissione per fare i suoi regolamenti di conti. Se viene qui a fare i cazzi suoi, la mando a quel paese…”. In realtà a suscitare l’indignazione del noto conduttore è stata banalmente la volgare richiesta dell’influencer cafone di un gettone di presenza.

Perché, a ragionare da signori per signori, è già più avanti il nostro compaesano posillipino Giancarlo Madonna, un avvocato orgoglioso delle sue matrici popolari in un quartiere che è oggi simbolo e santuario della Napoli bene: “Non c’è differenza tra una mammina di Posillipo in SUV e un bus carico di napoletani a Roccaraso. È la stessa identica munnezza”.

No, Giancarlo caro, non è propriamente munnezza. Ce lo spiega Rosario Dello Iacovo, storico addetto stampa dei 99 posse, oggi impegnato nel Napulegno, un interessante esperimento di comunicazione e di narrazione critica dal punto di vista della curva napoletana: “Pure noi andavamo a Roccaraso nelle gite di un giorno con il pigiama sotto i vestiti perché sulla neve, che non avevamo mai visto ma la volevamo vedere, si diceva che faceva freddo. E pure allora i vomeresi, che negli anni Settanta e Ottanta avevano comprato le case, ci guardavano con quello sguardo di lesa maestà mentre scendevamo con le buste della munnezza usate come slittini, come uno che gli sta pisciando nel salotto di casa. Solo che quella non era casa loro, ma la montagna che era di tutti e noi non avevamo mai visto perché potevamo vederla solo in quei viaggi della speranza, sperando, appunto, che poi un giorno le cose sarebbero cambiate. Senza sapere, naturalmente, che decenni dopo avremmo continuato ad andarci nello stesso identico modo, indignando Borrelli e l’Italia. E tutto il resto dei fottuti, maledetti, benpensanti solo perché volevamo vedere la neve che a casa nostra non cade”.

E sì, dietro lo schermo della tutela ambientale e l’invocazione dell’obbligo alle “buone maniere” il caso Roccaraso ci dice qualcosa di più e di serio, squarciando il velo su una colossale rimozione. Ce lo ricorda Edoardo Zorzetti, un tecnico Rai da poco andato in pensione:

“All’improvviso la realtà squarcia il velo creato da certa sociologia che si è ingegnata a coniare improbabili neologismi pur di seppellire la parola ‘povero’. Inoccupati, meno abbienti, precari, soggetti deboli, giammai poveri. E poi si scopre che i poveri esistono ancora e che molti di loro sono, guarda un po’, sguaiati, maleducati e semianalfabeti. Ma la cosa insopportabile, cose da pazzi, è che costoro hanno dei desideri e che la commessa a 400 euro al mese ne vuole spendere 50 per la colata di gel alle unghie e che il ragazzo del bar con 30 euro vuole andare con gli amici a vedere che cosa è questa cazzo di neve. Una volta contro i proletari ci mandavano Bava Beccaris con i moschetti, oggi si usa un’altra arma: le targhe alterne. Meglio così, almeno non si fa male nessuno”.

FOTO: Norman Polselli, Cammino di Santiago, Ottobre 2021