Notre-Dame de Kiev, Ora pro nobis

Notre-Dame de Kiev, Ora pro nobis

Nel 2013, l’allora segretaria del dipartimento di stato, Hillary Clinton, in un discorso al Council on Foreign Relations, disse che occorreva pensare una nuova architettura del mondo e esemplificò il cambiamento attraverso un confronto di stili ed epoche: “abbiamo bisogno di più Frank Gehry e meno formalismo greco”.

di Giuseppe Cocco

Quando lo invitai per il suo primo viaggio in Brasile (nel 2003), Toni (Negri) mi raccontò che i suoi compagni di sventura, i carcerati, commentavano in modo paradossale i due grandi eventi mediatici che coincisero con il suo ritorno a Rebibbia: la morte drammatica di Lady D e cinque giorni dopo quella di vecchiaia di Madre Teresa di Calcutta. I detenuti, la miseria del mondo, erano indifferenti o ostili alla “madre dei poveri” e sedotti da Lady D. Toni mi disse all’epoca che aveva scritto un pezzo intitolato Lady D, Ora pro nobis.

Caos e Ordine

Nel 2013, l’allora segretaria del dipartimento di stato, Hillary Clinton, in un discorso al Council on Foreign Relations, disse che occorreva pensare una nuova architettura del mondo e esemplificò il cambiamento attraverso un confronto di stili ed epoche: “abbiamo bisogno di più Frank Gehry e meno formalismo greco”. Il sistema delle istituzioni che governano il mondo è quello ereditato dalla fine della Seconda Guerra Mondiale: le Nazioni Unite, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, l’OMC, il FMI, la NATO, ecc. Sono come le colonne, diceva Clinton, del Partenone classico di Atene, le colonne di una certa stabilità che attraversa il tempo. Al contrario, l’architettura di Gehry appare rischiosa, instabile, precaria, sebbene tutto questo sia in realtà intenzionale e sofisticato. Prima, poche potenti “colonne” (istituzioni) potevano “sostenere il peso del mondo”. Oggi serve un “mix dinamico” di materia e struttura, qualcosa che vada fuori asse o, meglio ancora, qualcosa che “abbia un asse senza averlo”. La diagnosi era corretta. La globalizzazione e il mondo stanno davvero andando fuori strada senza che nessun modello riesca ad affermarsi, neppure quello dell’architettura postmoderna di Frank Gehry.

Il rinascimento di Notre Dame de Paris

Il 7 dicembre 2024, cinque anni e mezzo dopo un incendio distruttivo, il presidente francese ha orchestrato la cerimonia di riapertura di Notre-Dame de Paris come evento globale. Decine di capi di stato hanno assistito alla rinascita della cattedrale restaurata grazie all’opera titanica di un esercito di 2.000 persone. Per Macron è stato il giorno della conferma di una scommessa osata: il giorno dopo il disastro, il 16 aprile 2019, dichiarò: “ricostruiremo la cattedrale più bella di prima, voglio che sia pronta tra cinque anni”. È lo scenario che molti osservatori considerano l’esatto contrario di un’altra scommessa di Macron, quella della sera delle elezioni europee (9 giugno 2024), quando decise di sciogliere il Parlamento (dove aveva una maggioranza esigua) per indire elezioni legislative rapide e che si concluse con un Parlamento senza una maggioranza definita. Che rapporto ci può mai essere tra i due scenari? La resurrezione di Notre-Dame de Paris potrà essere un antidoto all’ideologia del declino?

La Cattedrale digitale

Nella sociologia delle reti la metafora delle cattedrali è stata utilizzata almeno due volte. Nel 1999, Eric Raymond fece l’opposizione tra la Cattedrale e il Bazar. L’ordine spontaneo delle reti sarebbe quello orizzontale del bazar, in contrapposizione a quello verticale e gerarchico della Cattedrale. Quasi vent’anni dopo, nel pieno dell’accelerazione algoritmica del secondo decennio del nuovo secolo, la metafora della cattedrale è usata da Ian Bogost per definire la macchina computazionale planetaria che riunisce astrazioni, processi e persone. La cattedrale computazionale fonderebbe qualcosa come una teocrazia dove l’algoritmo è Dio. I caporioni delle Big Tech forse vogliono diventarne gli onnipotenti arcivescovi.

Le cattedrali della Resistenza

Ma c’è un altro modo di pensare le cattedrali. In Mitologie di Roland Barthes le cattedrali gotiche sono paragonate all’automobile: un artefatto che segna un’epoca e non sappiamo bene chi l’abbia progettato. Sono cioè il risultato comune del lavoro anonimo della moltitudine. Nelle conclusioni della sua Fenomenologia della percezione, Maurice Merleau-Ponty cede la parola ad Antoine de Saint-Exupéry. Nel suo Pilota di guerre, l’aviatore racconta una missione compiuta nel 1939 su un aereo da ricognizione, senza copertura da caccia: missione impossibile, patria sconfitta, morte certa. Cosa fare sull’orlo del baratro? “Certamente siamo già sconfitti. Tutto cade a pezzi. Ma continuo a sentire la tranquillità del vincitore… chi porta nel cuore una cattedrale da costruire è già vittorioso”. In un capitolo dedicato a quello che definisce come “materialismo eroico”, lo storico inglese Kenneth Clark ricorda che la civiltà può crollare sotto le bombe o sotto il cinismo. Oggi assistiamo alle bombe (di Putin) e al cinismo (di Trump). Come negli anni Trenta, l’umanesimo è oggi minacciato e sconfitto perché ha perso il suo fermento: le sue cattedrali, cioè la sua volontà di resistere.

Notre Dame de Kiev, Ora pro nobis

Sappiamo che la cerimonia di riapertura di Notre-Dame ha dato luogo a un incontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelenskyj. Da una parte il presidente della più grande potenza mondiale che fa del cinismo il suo programma e la sua politica; dall’altro, il presidente di un Paese che resiste coraggiosamente all’aggressione neocoloniale russo-cinese. Meno di un mese dopo il suo insediamento, Trump ha già mostrato il contenuto del suo progetto: un misto di hybris neo-imperiale e caotica. Non sappiamo ancora se si tratti di Nerone o Caligola, ma è certo che sta lavorando attivamente per il declino dell’Occidente come forma di vita democratica, il che comporterà sicuramente la distruzione della resistenza ucraina al fascismo. Questa resistenza ha improvvisamente bisogno del sostegno europeo tanto quanto l’Europa ne ha bisogno per nutrire il progetto democratico che il suo funzionamento burocratico non può offrire.

È in Ucraina che la Francia democratica e l’Europa possono trovare le cattedrali di cui hanno bisogno per resistere. Chi prega per noi è Notre Dame di Kiev.

FOTO: Cesare Rizzetto, divisione psichiatrica, ospedale di Sacile, 1989